Come si inseriscono in modo efficace le nuove risorse umane? Che si tratti di giovani inesperti o professionisti con un importante bagaglio di competenze ed esperienze, bisogna fare attenzione alla delicatissima fase iniziale di “on boarding”, per evitare di perdere subito validi collaboratori e disperdere le energie. Lo spiega molto bene Francesca Ferretti – Direttore Affari legali di un’azienda multinazionale – in un’intervista rilasciata a “Il capitale umano” di Mario Alberto Catarozzo. Riportiamo di seguito le sue parole.
Rendere una risorsa umana, un vero capitale per l’azienda, dipende sia dall’efficacia della selezione, che dovrà aver la capacità di individuare nel mare magnum dei candidati quelli effettivamente in linea con le esigenze dell’azienda e con lo stile della stessa, ma anche da come avverrà l’ingresso della nuova risorsa e dalle condizioni in cui verrà posta per poter “rendere” al meglio . Stiamo parlando di quella fase altrettanto delicata che si chiama “on boarding”. L’espressione prende le mosse dall’idea che l’azienda sia come una nave su cui si fanno salire (“a bordo”) i collaboratori, ciascuno con un ruolo e funzioni definite, che dovranno far navigare la stessa e possibilmente, renderla cammin facendo più competitiva ed efficiente rispetto alle altre che salperanno lo stesso mare (il mercato di riferimento). Quanto ciascuna risorsa saprà rendere ed essere efficiente, dipende non solo dalle caratteristiche personali, ma anche (tanto) dalle condizioni di lavoro in cui sarà posta. Ciascuno, se inserito nel giusto contesto, potrà sviluppare talenti, sentirsi motivato a crescere e così dare il meglio ; al contrario, se viene inserito in un ambiente o un contesto disincentivante, rigido e poco performante finirà per perdersi cammin facendo. L’on boarding , quindi il processo di inserimento della nuova risorsa in azienda, può essere determinante per le sue performance e per la sua carriera futura.
Step uno: il mentoring
Qual è, dunque, il primo step di questo processo di inserimento della nuova risorsa? Partiamo da una considerazione: che la nuova risorsa sia un giovane alle prime armi, oppure un impiegato, manager o professionista con già parecchie “ore di volo” alle spalle, entrerà comunque in un contesto nuovo. Questo contesto aziendale è una comunità di persone con proprie regole interne, abitudini e anche
prassi non scritte. Dietro ciascun ruolo c’è una persona, fatta di emozioni, con un proprio carattere, propri limiti e talenti. L’organizzazione è un sistema, dove nel tempo si creano dinamiche e relazioni, ci sono amicizie e invidie, buoni e cattivi rapporti. La nostra risorsa, dunque, a prescindere dall’esperienza professionale pregressa, dovrà essere condotta per mano in questo nuovo mondo, per poter velocemente conoscere e comprendere le dinamiche interne. Questo gli eviterà di perdere tempo, di sentirsi un “pesce fuor d’acqua”, di entrare in conflitto con i colleghi e conseguentemente di demotivarsi ed entrare in ansia. La prima fase del processo di inserimento è dunque il mentoring, dove un soggetto deputato a ciò (il mentore) si prenderà cura del nuovo entrato facendogli da guida. Il mentore individuato dall’azienda guiderà il mentee (il nuovo collega), facendogli vedere tutti gli aspetti salienti del lavoro, dell’organizzazione, delle procedure, degli strumenti che dovrà utilizzare e indirizzandolo anche nella comprensione delle dinamiche e delle relazioni.
La regola in questa fase è che il mentore fa e il mentee guarda, ascolta e prende nota. Il principio alla base del mentoring è che si apprende per imitazione (modeling). In questo modo, si risparmia tempo, è più agevole l’apprendimento, il nuovo entrato si sente curato adeguatamente, si evita che apprenda cose inutili o che apprenda male e commetta errori, con il rischio che si demotivi e che si creino subito attriti ed equivoci.
Step due: il tutoring
La seconda fase dell’inserimento è rappresentata dal tutoring, dove il principio cardine è che ora ci si “sporca le mani”. Il mentore in questa fase si trasforma in tutor, quindi colui che si pone accanto (e non più davanti) al nuovo collaboratore. La dinamica ora si trasforma in “il nuovo collaboratore fa le cose e il tutor lo corregge”. Sappiamo tutti che se non si fanno le cose e non si sbaglia non si apprende. Non basta sapere la teoria per saper fare e non basta neppure guardare chi sa fare. In questa fase, il nuovo ingresso è messo in condizione di mettersi alla prova, di provare per vedere se ha capito e se sa fare; il tutor è il suo “angelo custode”, che lo corregge e gli spiega cosa è andato storto e come rimediare. Solo questa pratica porterà velocemente la nuova risorsa ad apprendere sul campo e a diventare autonoma.
Step tre: la delega
Finita la fase di tutoring, possiamo dire che è finita la prima parte dell’inserimento, che è di formazione della nuova risorsa. Ora la nuova risorsa è stata messa in condizione di poter agire, ma non è ancora autonoma. Ecco, dunque, che le verranno delegate singole attività -normalmente di breve durata e perimetrate – in modo che possa verificare sul campo il proprio livello di autonomia. Verranno in questa
fase fissate riunioni di confronto ravvicinate nel tempo, per poter monitorare i lavori e le difficoltà eventuali incontrare dal nuovo collega. La delega deve quindi riguardare singole attività ed essere seguita da incontri di verifica e sistemazione dei risultati cammin facendo.
Step quattro: autonomia
Siamo giunti così all’ultima fase dell’inserimento guidato del nuovo collaboratore: la fase di autonomia. Siamo partiti con un mentore che fa vedere cosa e come si fanno le cose; abbiamo proseguito con il tutor che affianca la risorsa mentre fa ciò che ha visto fare e lo corregge; siamo approdati alle deleghe perimetrate e seguite da momenti di feedback; ora siamo in mare aperto: la nuova risorsa è stata messa in condizione di muoversi in autonomia. Sappiamo che non si finisce mai di imparare, per cui si manterrà l’abitudine per un certo arco di tempo di fare incontri di verifica, dove ci si confronta e si capisce se tutto funziona per il meglio.
Questa procedura, semplice da comprendere, ma che troppo spesso non viene seguita in azienda per mancanza di tempo, di personale, di cultura, evita tantissime inefficienze, situazioni di conflitto, demotivazione e turnover delle nuove risorse. L’alternativa vuol dire lasciare le nuove risorse in balia degli eventi, abbandonate al proprio destino, prive di guida, controllo e formazione.