Ridurre gli sprechi, ottimizzare la produzione, utilizzare la tecnologia più avanzata, informatizzare l’azienda per velocizzare i processi: tutto ciò è utile e valido, ma l’unico elemento che può davvero rendere questi cambiamenti efficaci è la capacità di chi lavora in azienda.
Le persone, infatti, se ben selezionate, formate, motivate ed inserite, sono in grado di adeguare il proprio lavoro e renderlo flessibile, di trovare valide soluzioni, hanno la possibilità di cambiare prospettiva e metodi e interagendo tra loro costituiscono team funzionali e funzionanti.
Già negli anni Trenta il sociologo Elton Mayo e i suoi collaboratori scoprirono, attraverso vari esperimenti nella fabbrica di Hawthorne, l’importanza delle relazioni sociali nell’ambiente di lavoro e l’esistenza dei cosiddetti gruppi primari, che influenzano i singoli e la loro produttività in maniere spesso imprevedibili. I luoghi di lavoro, infatti, sono ambienti sociali, in cui le persone agiscono per interesse non solo personale ma anche collettivo.
Investire nelle capacità e competenze delle risorse umane permette di ampliare l’innovatività, puntare sulla qualità e creare un’immagine aziendale positiva sia all’interno che all’esterno.
Il welfare index PMI (https://www.welfareindexpmi.it/) dimostra che sempre più organizzazioni stanno seguendo questa direzione, con benefits volti alla formazione, alla conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro e ai servizi alla persona. Il guadagno per le aziende non è solo fiscale, nello specifico, e ha un ritorno dell’investimento misurabile in termini di produttività, reputazione, fidelizzazione del cliente interno (il lavoratore) e di quello esterno.
Tutto ciò rende evidente l’importanza di investire nel capitale umano e nella qualità delle relazioni sociali in un’organizzazione.
Nadia Saponara